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Perché non siamo contenti della nostra democrazia (e cosa possiamo fare per migliorarla)

Per fortuna, nella società dell’informazione si può partecipare anche senza fare picchetti, sit-in e boicottaggi. Ci sono i media, per farsi notare ed ascoltare. Ma non è tutto rose e fiori, per due motivi.

Il primo è che i partiti sono troppo poco capaci di sollecitare la partecipazione. Non dico che la sinistra bolognese non abbia fatto sentire la sua voce, ci mancherebbe, ma lo ha fatto, mi pare, in maniera poco autorevole e non troppo attenta. Ci si è preoccupati molto di più del fatto che il sindaco Guazzaloca volesse commemorare il mitico sindaco Dozza, o del fatto che si volesse togliere la parola “antifascismo” dallo statuto del Comune. Tutte cose significative, chiaro, “simboliche”, come si dice, e si sa che i simboli sono importanti e la storia che simboleggiano, specie per Bologna, lo è ancora di più. Ma anche il centralino anti-dissenso è un simbolo, l’emblema di un attentato alla nostra libertà, qui e ora. Se servono a qualcosa, i partiti devono far partecipare le persone, e per farle partecipare devono conoscerle, capirle, costruire con loro un rapporto di fiducia. Servono meno quando si limitano ad eleggere dirigenti che hanno la funzione di parlare ai media, di comunicare, e non di fare comunicare. Fare sì che prendano la parola gli altri, quelli che hanno qualcosa da dire perché si sentono toccati da quello che succede. Allora devo dire un’altra cosa che uno studente di comunicazione non dovrebbe dire: adesso che abbiamo scoperto la comunicazione politica, dovremmo scoprire che non sempre i soggetti della comunicazione politica possono essere i politici. Meglio se in certi casi i politici danno ai cittadini i modi e i luoghi per comunicare e per partecipare.

Il secondo problema è: perché Garagnani sì e Biffi no? Perché la sinistra non riesce a mobilitare l’opinione pubblica in tutte le occasioni in cui sarebbe teoricamente possibile e auspicabile? Perché le persone che si mobilitano contro l’intolleranza nei confronti della libertà di insegnamento non sono mobilitate anche contro l’intolleranza religiosa del cardinale? (Che il cardinale Biffi sia un intollerante, ovviamente, è una mia opinione, di cui mi prendo la responsabilità; ma non credo che siamo poche le persone che la pensano come me.) I politici di sinistra sul cardinale Biffi dicono poco e mobilitano poco. Forse è più difficile? Forse si ha paura di toccare tasti e note dolenti? In ogni caso in questo modo si perdono occasioni d’oro per interpretare il ruolo dell’opposizione in una democrazia: rompere il vetro e fare scattare l’allarme antincendio, richiamare i cittadini a prendersi a cuore questioni di grande interesse, sollecitare la loro partecipazione. Perché chi non partecipa non influisce sulle scelte.

Non penso che sia facile creare partecipazione politica, penso che sia necessario. Alexis de Tocqueville ammirava la democrazia americana perché ogni volta che si presentava un problema, gli americani creavano un’associazione per influenzare i politici, cosicché le scelte politiche erano coscientemente indirizzate dal basso. Nel paese del “familismo amorale”, per citare una formula nota, nell’epoca del riflusso nel privato, in una società in cui è diventato molto più facile mettersi a sedere e accendere il televisore piuttosto che riunirsi con altre persone, non ci si può aspettare un rifiorire della partecipazione come la intende Tocqueville. Si può, però, pensare alla partecipazione come all’influenza sull’opinione pubblica, come acquisizione di informazioni, come ricerca delle occasioni in cui le idee, per così dire, parlano da sole, purché le si faccia incontrare e confrontare.

Si può e si deve convincere i cittadini che dire la loro può fare la differenza. Si può e si deve mettere in risalto le opportunità concrete, e possibilmente non troppo costose e complicate, che i cittadini oggi hanno per farsi sentire. Si può e si deve costruire nuove opportunità di partecipazione, specie a livello locale dove i problemi e le soluzioni toccano da vicino i cittadini. L’altro verso della medaglia è che come cittadini dobbiamo essere più attenti a queste occasioni, più costruttivi, e più fiduciosi sull’importanza del nostro contributo. Troppo spesso riteniamo la democrazia un diritto acquisito, senza ricordare che senza attenzione e partecipazione la democrazia perde la sua linfa vitale. È naturale che non sempre i politici facciano cose che ci vanno bene, a qualunque partito appartengano e apparteniamo. L’unico modo per migliorare i loro comportamenti, quando non ci piacciono, è farglielo sapere.

C.V.

Bologna, 2 Dicembre 2001

Copyright 2001 Cristian Vaccari
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Ultimo Aggiornamento: 2 Dicembre  2001