Alessandro Baricco (2)
Detto in termini sintetici, l'Occidente è
molto vicino ad essere tutto. Che significa: confini, zero.
La guerra scoppiata l'11 settembre sembra, con simbolica e accecante esattezza,
l'apoteosi di questo processo. Definitivo azzeramento dei confini e unanimità
pressoché globale nella condanna dell'attacco agli Usa. Fino a pochi anni fa
sarebbe stata fantascienza, ma adesso è il mondo com'è, realmente, in questo
momento. Un unico sistema, indubbiamente molto fragile, ancora abbozzato, ma
sterminato, che ha quasi ridotto a zero l'altro da sé. Per un sistema come
quello, cosa può mai essere la guerra? Lo scontro con qualcosa che viene da
fuori? Difficile. E allora: il cedimento o la ribellione di una parte di sé. Ciò
che sarebbe logico pensare è: il nemico è dentro al sistema, non fuori. Per
quanto sgradevole ci sembri, la cosa più logica sarebbe pensare: il nemico è
dentro. Cercatelo lì.
Nel modo più semplice: siamo proprio sicuri che Bin Laden sia definibile come
qualcosa di altro dall'Occidente? Da dove arrivano i suoi soldi? Perché è
miliardario? Con chi ha fatto affari per diventarlo? Trovava oro in una valle
segreta fuori dal mondo globalizzato? Quanto denaro gli abbiamo messo in tasca?
E quanto denaro ci ha messo in tasca lui mettendolo in circolo nel sistema
sanguigno della ricchezza occidentale in tutti questi anni?
Provate per un attimo a resettare tutto e immaginarlo così: un uomo d'affari
come tanti che a un certo punto però si rivolta contro il sistema. Non è poi
tanto inverosimile, no? Ci rassicura pensarlo come un nemico che viene da fuori
e basta. Ma se lo pensiamo come una cellula del sistema, in tutto uguale alle
altre, che a un certo punto impazzisce e inizia a divorare l'organismo
dall'interno, non è che siamo poi così lontani dalla realtà. Certo che non
preme ai confini: scava da dentro. Si inghiotte le Twin Towers: e lo può fare,
perché lui è qui, non è là fuori, è dentro, non al di là di confini che
non esistono più.
Posso sbagliarmi, ma a me l'11 settembre sembra il crudele prototipo di quello
che può diventare il futuro. Non credo che sarà mai possibile attribuire
quell'attacco a qualcuno o qualcosa di integralmente altro dall'attaccato. Penso
che lì si sia inaugurata una nuova epoca possibile, in cui guerra sarà sempre
o per lo più scontro tra il sistema e parti di sé che, fisiologicamente,
degenerano e sfuggono al suo controllo. Penso che vedere tutto il mondo
schierato al fianco degli americani non deve indurci a pensare che il nemico è
debole o isolato, ma che il nemico non verrà mai più dalla parte da cui è
sempre arrivato.
Penso che l'ambizione a essere un pianeta unito e pacifico - meravigliosa
ambizione - non otterrà mai un mondo perfetto, ma un mondo in cui la parola
guerra significherà qualcosa a cui non siamo abituati. Penso che i confini,
spariti dalla superificie degli atlanti, sopravviveranno nel tessuto del
sistema, come linee che lo attraverseranno verticalmente invece di disegnare,
orizzontalmente, sulla superficie della terra, le geometrie di una guerra. Penso
che Bin Laden, così come il ragazzo del Black blok che sfascia vetrine con le
Nike ai piedi, sta al di là del confine, ma di un confine verticale, non più
orizzontale, che non c'entra più niente coi vecchi confini e che non siamo
ancora capaci a leggere.
Copyright 2001 Cristian Vaccari
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Ultimo Aggiornamento: 13 Settembre 2001