Ascoltiamo Gino Strada?
Una riflessione su
Gino Strada
Merita una riflessione il successo
riscosso da Gino Strada e dalla sua associazione negli ultimi tempi. È vero che
la maggioranza della popolazione italiana si è sempre schierata contro le
guerre in cui il nostro paese è stato coinvolto negli ultimi anni, ed è vero
che il movimento pacifista ha origini antiche e nobili e non è certo stato
creato da Gino Strada. È anche vero, tuttavia, che il pacifismo non ha mai
avuto un ruolo così di primo piano nel dibattito politico in tempo di guerra.
Al di là di cambiamenti e movimenti che covano all’interno della società
(vedi New Global, per esempio, ma vedi anche la rifioritura di associazioni di
solidarietà cattoliche), se il pacifismo ha così tanto peso nel dibattito
italiano lo si deve principalmente a Gino Strada e ad Emergency.
Perché Gino Strada fa così presa sulle
coscienze degli italiani? Perché è un potente antidoto a quella che il
sociologo Anthony Giddens ha definito “sequestro dell’esperienza”. Oggi
viviamo in un mondo in cui molte esperienze umane vengono sottratte al nostro
sguardo: non si muore e non si soffre più nel proprio letto, ma negli ospedali,
la guerra non la fanno più i civili, ma i militari di professione, tanti
compiti e abitudini che un tempo un po’ tutti sapevano e dovevano fare, oggi
sono demandati a pochi specialisti. Non siamo più abituati a vedere e fare cose
che per i nostri nonni erano abituali. D’altra parte i media, e specialmente
la televisione, ci promettono di restituire, se non ai nostri sensi, alla nostra
immaginazione, queste esperienze. Gran parte delle nostre conoscenze su come
funziona il mondo e su come si svolgono determinate azioni sociali ci viene dai
mass media.
La guerra, un tempo esperienza vissuta
più o meno da tutti i membri di una generazione, in modi diversi (chi al
fronte, chi a casa sotto i bombardamenti), è diventata un’esperienza mediale,
vissuta in retrospettiva attraverso i film e “in diretta” attraverso
l’informazione giornalistica e televisiva, e perfino in modo virtuale
attraverso i moltissimi videogiochi di guerra. Jean Baudrillard ha scritto che
“la Guerra del Golfo non è mai esistita” perché abbiamo vissuto quella
guerra come un bizzarro videogame, con traiettorie luminose che viaggiavano
incessantemente su uno sfondo verdastro con il logo “CNN Live” in basso.
Della guerra del Golfo non abbiamo avuto esperienza della condizione delle
vittime, della devastazione dei villaggi, degli obiettivi militari e civili
colpiti e di quelli mancati. Solo esili fasci di luce, come fuochi
d’artificio. I media hanno preteso di mostrarci la guerra, ma non ci hanno
connesso con gli altri esseri umani che quella guerra ha chiamato in causa, sia
dalla “nostra” parte, sia da quella dei “nemici”. (Uso le virgolette
perché, anche se riconosco che in quella guerra si sono contrapposte ragioni
giuste a velleità imperialistiche irakene, mi è difficile pensare a un nemico
quando la maggior parte delle vittime di quella guerra, così come di tutte le
guerre contemporanee, sono civili.) In questo, secondo Roger Silverstone, i
media sono “amorali” (non immorali) perché ci fanno perdere il contatto con
l’Altro, e con le pretese etiche che questo contatto immancabilmente genera.
Abbiamo perso di vista cosa la guerra
voglia dire, per la nostra vita e per quelle delle popolazioni contro cui
combattiamo. L’appello di Gino Strada è un appello etico, morale,
contrapposto a rappresentazioni della guerra che favoriscono uno sguardo
amorale. Gino Strada ci ricorda cosa è la guerra. Oltre che uno strumento di
potere e di geopolitica. Oltre che un pericolo o un toccasana per l’economia.
Oltre che un costo in termini finanziari. Oltre che una serie di mosse
strategiche su un plastico, illustrate dall’immancabile esperto di strategia
militare. Oltre che belle foto di Top Gun, Marines e avveniristici aerei
militari equipaggiati con le nuove tecnologie. Oltre che eroi costruiti o reali.
Oltre che una giornalista italiana uccisa. La guerra, per Gino Strada, è una
stanza di ospedale piena di persone a pezzi, letteralmente da ricucire, da
incollare. Di questo, i media spesso ci rendono immemori, e la forza di Gino
Strada sta nel ricordarcelo, nel riportare sulla superficie delle nostre
coscienze una consapevolezza che stiamo, lentamente, perdendo, e alla cui
perdita molti di noi non si vogliono rassegnare.
Copyright 2001 Cristian Vaccari
c.vaccari@libero.it
Ultimo Aggiornamento: 14 Novembre 2002